lunedì 11 aprile 2016

La Barbera Vigna del Re
dell'azienda Marchese Adorno:
appunti dalla serata
del 6/11/2015

OltreLaStoria 19: già, siamo arrivati alla diciannovesima serata dell’avventura iniziata tre anni e mezzo fa e possiamo dire che la formula è ormai ben consolidata e apprezzata. Non solo: al gruppo degli avventori affezionati si aggiungono sempre facce nuove, anche da fuori provincia, talvolta pure dall’estero, come nel caso di questa cena dedicata alla Barbera Vigna del Re dell’azienda Marchese Adorno, che nasce dal vigneto La Fogliata, sito a 300 metri circa di altitudine nei pressi di Rocca Susella, Oltrepò Occidentale.

Per l’occasione, l’enologo Francesco Cervetti ha voluto fare le cose in grande: non solo cinque annate della verticale invece delle quattro consuete, ma anche il Riesling Superiore Arcolaio 2013 offerto come aperitivo, accompagnato da dadini di salva cremasco stagionato 6 mesi. Un vino elegante, ancora giovane e floreale, nel quale la componente minerale comincia appena a fare capolino.

Accomodati gli ospiti a tavola, parte il consueto rito introduttivo, annunciato dal campanellino di OltreLaStoria: Roger introduce Cervetti il quale racconta brevemente la storia dell’azienda e della sua importante rinascita degli ultimi anni voluta dal marchese Marcello Cattaneo Adorno. Con noi, al tavolo, in rappresentanza dell'azienda anche l’enologo “residente” Enrico Rovino, il direttore commerciale Mauro Camerini e l'agente Matteo Belcredi, aficionado di OltreLaStoria, cui va il merito di aver sollecitato questa serata. Fra gli ospiti, oltre ad alcuni produttori come Sandro Torti e il giovane Alessio Brandolini, Paolo Camozzi di Slow Wine e uno dei volti più noti del mondo vinicolo locale (e non solo), il sommelier pavese Carlo Aguzzi, da poco titolare insieme a Francesca Fiocchi del blog Wine Stop and Go.

Infine, grazie a Matteo Bertè, abbiamo avuto il piacere di ospitare due enologi cileni: José Maria Gallegos, consulente enologo del Vason Group e Gustavo Hormann, enologo dell'azienda Viña Montes.

Le danze le apre il Vigna del Re 2010, una Barbera in purezza elegante, profumata di frutti di bosco (mora e mirtillo), con cenni speziati e balsamici, buon equilibrio, bel nerbo. Non di grande potenza ma dall’intelaiatura ben delineata, in grado di consolidarsi nel tempo. Fin troppo per il tortino di patate e funghi porcini con fonduta di taleggio: d’altra parte, come ha sottolineato Giorgio Liberti, non si potevano proporre quattro secondi piatti a base di carne.

Seconda bottiglia il Vigna del Re 2008, a detta di quasi tutti il migliore della serata. Pieno e complesso senza appesantimenti superflui, un trionfo di frutti di bosco, di amarena e spezie, col mirtillo sempre in evidenza, elegante e solido, ben sorretto dall’acidità, rotondo e corposo, lungo e nitido nel finale; perfetto l’abbinamento con il risotto con salmì di lepre.

Con il Vigna del Re 2006 cambiano le carte in tavola. Fino al 2007, infatti, la gestione tecnica era affidata a Donato Lanati e il Vigna Del Re era prodotto con le uve del vigneto Costiolo di Rivanazzano, con la barbera (85%) integrata da croatina (15%) e uva rara (5%). Figlio di un’annata piuttosto fresca, entra in bocca con una sciabolata di acidità di quelle che ti ricordi anche il giorno dopo. Nonostante l’età, la freschezza è accentuata da franchi profumi di ciliegia, amarena, lampone. Carlo Aguzzi accanto a me annuisce: questo è il tipo di Barbera perfetto per chi lo intende un vino meno complesso e più beverino.

Del resto, mentre noi di OltreLaStoria assaggiavamo i vini in azienda il mese prima, avevamo quasi ringraziato un vino così, che permetteva di introdurre nel menu un piatto interlocutorio – zuppa di ceci con costina di maiale – prima del gran finale.

Con la guancia stufata nel vino rosso e polenta, infatti, serviamo la dicotomica coppia finale: Vigna del Re 2003 da annata torrida, e Vigna del Re 2002 da annata affogata nella pioggia.

Per la descrizione del primo lascio il microfono a Paolo Camozzi, due metri di cultura enogastronomica, il quale ci parla di un vino ovviamente caldo e alcolico, meno complesso nei profumi di frutti di bosco e spezie senza tuttavia cedimenti flaccidi e marmellatosi, solido e comunque ben sorretto dall’acidità, quindi sempre piacevole ancora a 12 anni dalla vendemmia, senza sbavature, didascalico per quanto riguarda annata e tecnica di lavorazione. Compagno ideale per il piatto. Del secondo parla invece Carlo Aguzzi. In questo caso, qualche bottiglia si è rivelata più fortunata di altre. La mia - che poi è anche la sua visto che siamo seduti accanto – ha tenuto parecchio bene, e parla di un vino figlio sì di un Dio minore, ma non troppo; acidità importante, ma struttura sorprendente, vista l’annata infelice. Profumi più evoluti, confettura di more e amarene, note di sottobosco e corteccia, un lieve inizio di ossidazione, ma ancora un bel colore e la dignità di chi sa comunque farsi valere anche se penalizzato da risorse minori quanto a materia prima.

Alla fine, zuppetta tiepida di cachi con infusione di cioccolato e gelato alla cannella, i consueti applausi alla chef Daniela Calvi e la consapevolezza di aver vissuto una serata di quelle “corpose”.

Francesco Beghi

Ringraziamo Mauro Rossini per le fotografie


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